IL CINEMA

OMBRE, ILLUSIONI, FANTASMI





RENE' CLAIR

« Signori, nella storia della vostra compagnia si contano pochi eletti i cui titoli siano così leggeri come quelli di un presentatore d'ombre che non vi porta che illusioni nel suo bagaglio [...]

Colui che vi parla non ha creato 
nient'altro che ombre 
che presentano il carattere inconsistente 
dei fantasmi 
ma che non condividono con queste creature trasparenti il privilegio dell'eternità. »
(Parole iniziali del discorso pronunciato da René Clair a l'Académie Française il 10 maggio 1962)

"Ho sempre pensato che il cinema rapppresenti la risposta a un'esigenza dell'umanità: 
il desiderio di condividere una memoria comune 
un retaggio. 
Ecco perché il cinema è un'arte universale".








JEAN RENOIR:

« Il film non è una tesi.[...]
Credo che la funzione del nostro mestiere, la funzione di un autore, sia prima di tutto quella di

guardare il mondo, 
di guardare il mondo e poi di raccontarlo. 
Guardare il mondo così com’è e cercare soprattutto di guardarlo 
senza mettere davanti ai nostri occhi dei vetri colorati. 
Perché siamo circondati di vetri colorati, il mondo è pieno di vetri colorati. Si chiamano educazione, pregiudizi… »


(Jean Renoir,Testo apparso su Radio-Télévision-Cinéma, n. 511, 1º novembre 1959 - lungo monologo presentato nella trasmissione televisiva Gros plan di Pierre Cardinal)



« Un elemento che senza dubbio ha influenzato la mia formazione in quanto autore di film è l’acqua. 

Non posso concepire il cinema senz’acqua. 

Nel movimento del film c’è un aspetto ineluttabile che lo accosta alla corrente dei ruscelli, allo scorrere dei fiumi. 

La mia è solo una poco abile spiegazione di una sensazione. In realtà i legami che collegano il cinema al fiume sono più sottili e più forti perché inesplicabili. 

Quando me ne stavo disteso sul fondo della barchetta con Godefer (un compagno d’infanzia) e i rami ci sfioravano il viso, provavo un’emozione assai simile a quella che provo oggi quando assisto alla proiezione di un film che mi coinvolge. 

So che non è possibile risalire la corrente, 
ma sono libero di risentire a modo mio 
la carezza delle frasche sulla punta del naso. 

Per me un bel film è questo, 
la carezza delle frasche 
facendo un giro in barca con un amico. »

(Jean Renoir, La mia vita, i miei film,p.60)








FRITZ LANG
Nel 1924 sul cinema:
« In tutti i secoli è esistita una lingua in cui le persone colte riuscivano a comunicare. Il cinema è l'esperanto di tutti - e un grande strumento di civiltà. Per capire il suo linguaggio non c'è bisogno di nient'altro che di avere gli occhi aperti. »
(E. Beyfuss, A.Kossowsky, Das Kulturfilmbuch, Carl P. Chryselins'scher Verlag, Berlin 1924, citato in Paolo Bertetto-Bernard Eisenschitz, Fritz Lang. La messa in scena, p. 165.)

Nel 1926 sul primo piano dei volti umani:
« Il primo regalo che il cinema ci ha fatto è stata la riscoperta del volto umano, le cui espressioni tragiche o grottesche, minacciose o felici non ci erano mai state mostrate così vicino.
Il secondo regalo che il cinema ci farà saranno le intuizioni visive nel senso più puro delle rappresentazioni espressioniste del processo mentale. Parteciperemo ai moti dell'animo non solo dall'esterno, non ci limiteremo più a vedere soltanto i risultati delle emozioni, ma le condivideremo intimamente fin dal momento della loro comparsa, dal primo bagliore di un pensiero fino alla logica conseguenza finale dell'idea. »
(F.Th.Csokor, H.Ihering, F. Lang, R. Wiechert, Dove stiamo andando? Prognosi critica per la nuova stagione, «Die literarische Welt», n. 40, 1.10.1926.)

Nel 1929 sul ruolo espressivo degli oggetti:
« E per quanto riguarda la fisionomia degli oggetti: pare che essi siano diventati vivi solo con il cinema e che intervengano con la loro ambigua e affascinante immediatezza nella trama dei destini umani - perché nel cinema gli oggetti fan parte del gioco, indolenti e perfetti nella loro naturalezza.

Una sedia vuota, 
un bicchiere rotto, 
l'imboccatura di un revolver che ti fissa dritto negli occhi, 
il vuoto spettrale di uno spazio lasciato abbandonato da anima viva, 
una porta che si chiude, 
una porta che si apre:

tutto ciò che possiede vita propria 
presenta un volto, 
una personalità, 
una mimica, 
riscoperti dal tocco di una materia da poco rifiorita nella nostra epoca: 
la luce.

Grazie alla forza e alla perfezione, che permettono di far mutare un volto o un oggetto 
quando passano dalla luce all'ombra o dall'ombra alla luce, 
il cinema è diventato la rapsodia dei nostri tempi: 
il grande narratore dei destini, 
siano essi tragici o comici, eccezionali o validi per tutti i tempi. 
E, al contrario delle rapsodie dei secoli passati, il cinema ha l'immenso vantaggio di essere inteso allo stesso modo a tutte le latitudini del mondo, 
quando è più puramente cinematografico 
e cioè muto. »
(Fritz Lang, L'arte mimica nel film, «Der Film», n. 1, 1º gennaio 1929.)

Nel 1927 sulle doti del regista:

" Le doti del regista devono essere universali: deve cioè possedere le qualità più spiccate di ogni espressione artistica.

Deve avere

lo sguardo del pittore per il quadro, 
la sensibilità per le linee dello scultore, 
il senso del ritmo del musicista 
 la concentrazione spirituale del poeta.

Ma gli ci vuole anche qualcosa d'altro, una dote tutta peculiare:  
il senso del tempo! [...]

Per me senso del tempo significa la capacità di dar rilievo, comprimere, aggiungere intensità, mirare a uno scopo, far centro. 
(Fritz Lang, La moderna regia cinematografica, in «Filmbühne», aprile 1927.)





ALFRED HITCHCOCK:
" Certi film sono pezzi di vita,
                       i miei sono fette di torta"

(intervista a François Truffaut,  
Il cinema secondo Hichcock, 1962-1966, 
edizione italiana Il Saggiatore 2009, p.84.





Commenti