INGMAR BERGMAN: CINEMA E SOGNO






IL MONDO DI INGMAR BERGMAN 
nella scrittura e nei film
CINEMA E SOGNO


LANTERNA MAGICA PP. 70-71


Il ritmo dei miei film viene concepito nella sceneggiatura, a tavolino,
e viene generato dinanzi alla macchina da presa.

Ogni forma di improvvisazione mi è estranea.
Se qualche volta sono costretto a prendere una decisione
senza averci riflettuto sopra, comincio a sudare, m'irrigidisco per la paura.

Il cinema è per me un'illusione progettata fin nei minimi dettagli,
lo specchio di una realtà che quanto più vivo tanto più mi appare illusoria.

Quando il film non è un documento, è un sogno.

IL SOGNO DEL PROFESSORE nel film "Il posto delle fragole" 1957

Per questo Tarkovskij è il più grande di tutti.
Lui si muove con assoluta sicurezza nello spazio dei sogni,
lui non spiega e, del resto, cosa dovrebbe spiegare?
E' un osservatore che è riuscito a rappresentare le sue visioni
facendo uso del più pesante e del più duttile dei media.
Per tutta la mia vita ho bussato alla porta di quegli spazi
in cui lui si muove con tanta sicurezza.
Solo qualche volta sono riuscito a intrufolarmi dentro.

I miei tentativi coscienti hanno avuto quasi sempre come risultato dei penosi insuccessi:
L'uovo del serpente, L'adultera, L'immagine allo specchio ecc.

Fellini, Kurosawa e Buïuel si muovono nello stesso mondo di Tarkovskij.
Antonioni era sulla stessa strada ma cadde sopraffatto dalla propria noiosità.
Méliès vi si trovò sempre senza bisogno di rifletterci sopra.
Era un mago di professione.

Film come sogno, film come musica.

Nessun'altra arte come il cinema va direttamente ai nostri sentimenti,
allo spazio crepuscolare nel profondo della nostra anima,
sfiorando soltanto la nostra coscienza diurna.
Un nulla nel nostro nervo ottico, uno shock:
ventiquattro quadratini illuminati al secondo, e tra di essi il buio.

Quando al tavolo di montaggio esamino la pellicola quadratino per quadratino,
la sensazione di magia della mia infanzia mi dà ancora i brividi:
là nell'oscurità del guardaroba, girando lentamente la manovella,
facevo succedere un quadratino all'altro, osservavo i cambiamenti quasi impercettibili;
giravo più veloce: un movimento.
Le ombre, mute o parlanti, si rivolgono
direttamente alle regioni più segrete del mio animo.
Il profumo di metallo surriscaldato, l'immagine oscillante, scintillante,
il fruscìo della croce di Malta, la mano sulla manovella.

Frammento dal secondo atto di Fanny e Alexander 1982.

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