L'ISOLA DI Fârö





Il PAESAGGIO DELL'ANIMA
PER INGMAR BERGMAN





Da molti anni Fârö era un mio amore segreto.

In realtà era un fatto sorprendente.

Io sono cresciuto in Dalecarlia. Il fiume, i
monti, i boschi e le lande costituiscono un paesaggio da lunghissimo
tempo inciso nella mia coscienza.

Eppure fu Fârö. Andò a questo modo:
nel 1960 dovevo girare un film intitolato:
Come in uno specchio.
Era la storia di quattro persone su un'isola.
Nella prima scena spuntano fuori
dalle onde d'un mare immerso nel crepuscolo.

Dalla sceneggiatura del film
"Sulla lunga punta sabbiosa c’è una casa isolata duramente segnata dalle intemperie. La costruzione è a due piani e di color verde scuro; dove il sole e il tempo hanno corroso la vernice, il legno appare di un verde più chiaro e serico. Il retro della casa dà su un grande giardino incolto a tratti circondato da un’alta palizzata.
La casa è abitata. Il bucato svolazza sulle corde tese e le finestre aperte sono protette da tendoni semistrappati dal vento.
Dal mare ondeggiante e cupo della sera si elevano richiami e risate. All’improvviso sulle onde appaiono quattro teste e subito dopo quattro persone si trascinano verso la spiaggia dal basso fondale. Respirano affannosamente come dopo una faticosa nuotata e ridono sfinite, camminano una di fianco all’altra, quattro figure nere che si stagliano contro il tramonto e gli agitati riverberi dell’acqua. Due uomini, un ragazzo e una donna.
Si arrampicano sul lungo pontile di regno rovinato dal ghiaccio e si avvolgono in asciugamani e accappatoi. La brezza serale è già piuttosto pungente ma l’acqua è tiepida.





Senza esserci mai stato,
volevo che la scena fosse girata alle isole Orkney. Il direttore di
produzione si torse le mani all'idea delle spese e mise a mia
disposizione un elicottero perché potessi esplorare la costa svedese.
Andai, osservai e tornai più che mai deciso a girare alle Orkney. Gli
amministratori, sull'orlo della disperazione, fecero il nome di Fârö.
Fârö sarebbe stata simile alle Orkney. Ma meno cara. Più conveniente.
Più facilmente raggiungibile.

Per metter fine a tutte queste discussioni
andammo a Gotland, un tempestoso giorno d'aprile, per vedere Fârö in
tutta fretta e decidere poi definitivamente per le Orkney.


Un taxi sgangherato venne a prenderci a Visby e ci portò attraverso la pioggia e
la neve fino al traghetto. Dopo una burrascosa traversata attraccammo a
Fârö. L'auto avanzò strepitando lungo la costa per strade tortuose e
sdrucciolevoli. Nel film c'è un relitto portato dal mare sulla spiaggia.
Girammo intorno a una roccia ed ecco il relitto, un cutter per la pesca
ai salmoni, identico a come io l'avevo descritto. La vecchia casa doveva
essere circondata da un piccolo giardino con vecchi alberi di melo.
Trovammo il giardino, la casa potevamo costruirla. Doveva esserci una
spiaggia sassosa, trovammo una spiaggia sassosa rivolta verso
l'eternità.




Infine il taxi ci portò ai raukar, i faraglioni sulla costa
settentrionale dell'isola. Restammo lì in piedi, un po' piegati per far
fronte alla tempesta, mentre i nostri occhi lacrimavano a furia di
osservare quelle misteriose immagini divine che levavano le loro fronti
possenti contro i marosi e l'orizzonte che s'andava scurendo.



In realtà non so quel che accadde. Se si vuole essere solenni si può dire che
avevo trovato il mio paesaggio, la mia vera casa. Se si vuol essere
allegri si può parlare d'amore a prima vista.

Dissi a Sven Nykvist che
volevo vivere su quell'isola per il resto dei miei giorni, volevo
costruire una casa proprio dove sarebbe sorta quella fasulla del film.
Sven propose di cercarne una qualche chilometro più a sud. Lì si trova
ora la mia casa. Fu costruita tra il 1966 e il 1967.



Il mio legame con Fârö ha cause diverse. 

Prima di tutto vennero i segnali della mia intuizione: 
questo è il tuo paesaggio, Bergman. 

Corrisponde alle tue più intime idee sulle forme, le proporzioni, i colori, gli orizzonti, i suoni, i silenzi, le luci e i riflessi. 

Qui c'è la sicurezza. Non chiedere perché, le spiegazioni appaiono goffi sforzi razionali. Questa per esempio: nella tua professione vai in cerca di semplicità, proporzione, tensione, distensione, respiro. 

Il paesaggio di Fârö ti dà tutto questo con generosità. 

Secondo motivo: devo avere un contrappeso
al teatro. Sulla spiaggia posso urlare, fare il diavolo a quattro. Al
massimo vola via un gabbiano. Sul palcoscenico sarebbe una catastrofe.

Motivi sentimentali: dovrei appartarmi dal mondo, leggere i libri che non ho letto, meditare, purificare la mia anima. (Dopo qualche mese ero irrimediabilmente coinvolto nei problemi degli isolani, il che diede come risultato : Documento su Fârö #'fi). 

Altri motivi sentimentali:
durante le riprese di Persona Liv e io venimmo travolti dalla passione.
Commettendo un errore colossale, costruii la casa pensando a una vita in comune sull'isola. Dimenticai di chiedere a Liv cosa ne pensasse. Lo venni a sapere più tardi, leggendo il suo libro "Cambiare". Le sue testimonianze sono credo affettuosamente veritiere, a grandi linee.
Rimase alcuni anni. Combattemmo i nostri demoni come meglio potevamo.
Poi ebbe la parte di Kristina in Emigranti. La portò lontana. Quando partì, sapevamo. 

La solitudine scelta consapevolmente va bene. Mi
fortificai e introdussi un pedante rispetto delle abitudini: mi alzavo
presto, passeggiavo, lavoravo, leggevo. Alle cinque veniva una donna del vicinato, preparava la cena, lavava i piatti e se ne andava. Alle sette ero di nuovo solo. C'era la possibilità di smontare la macchina e osservare il meccanismo. Ero insoddisfatto dei miei ultimi film e delle mie ultime regie ma ero insoddisfatto a posteriori. Durante il lavoro difendevo me stesso e quel che stavo facendo da un autocritica distruttiva. Solo successivamente potevo giudicare errori e debolezze.

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